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Intervista con il regista. Francesco D’Ignazio

Di Gianfranco De Cataldo.
 
Ciao Francesco! E’ un vero piacere ospitarti sul nostro portale. Iniziamo dalla prima domanda. Un bel tuffo nel passato. Da bambino cosa sognavi di fare?
E’ un piacere tutto mio! Diciamo che da bambino non avevo le idee molto chiare. Ero un turbolento indeciso. Ho attraversato il periodo in cui avrei voluto essere un calciatore, poi un medico, dopo mi affascinava la figura del pompiere, la passione per Senna mi fece credere di poter diventare un pilota di formula uno un giorno, ad un certo punto vivendo in campagna e avendo molti animali intorno pensai a me come veterinario. Poi intorno ai dodici anni è arrivata la passione per il cinema per fortuna. Per un lungo periodo sono stato semplicemente un appassionato. Non mi ci accostavo professionalmente, la vedevo una cosa troppo più grande di me. Mi sono deciso intorno ai 23 anni, abbastanza tardi. Il primo passo è stato quello verso la recitazione. Iniziai una scuola.
Cosa significa essere attori, oggi.
Chiaramente questo dipende da attore ad attore. Quelli che riescono a vivere serenamente del proprio lavoro sono veramente pochi, purtroppo. Le produzioni sono sempre meno e gli attori da impiegare sempre di più. Ma aldilà della crisi questo è stato sempre un mestiere difficile. Ci sono quelli che hanno la fortuna di poterselo permettere perché hanno le spalle coperte economicamente e quelli che invece sono sostenuti solo da una forte passione e quindi accettano una condizione di precariato. Massimo rispetto e ammirazione per questi. Continuare a studiare e a proporsi sono due elementi fondamentali di questo mestiere. Anche per combattere i momenti di disoccupazione. Insegno e formo attori da circa dieci anni e questo è il discorso che faccio sempre all’inizio del percorso che intraprendono con me. Non vuole essere una visione cinica o negativa ma semplicemente una spinta a non perdere tempo e a capire se può essere quella la strada giusta. Personalmente pochi anni dopo aver cominciato ho capito che fare solo l’attore non mi bastava così mi sono avvicinato alla regia e subito dopo all’insegnamento che reputo la mia vera passione.
Le soddisfazioni che ti sei tolto (un po’ di autocelebrazione non fa mai male!).
Appena uscito dal percorso formativo ho avuto la fortuna di cominciare a lavorare da subito.
Ho fatto un po’ di tutto. Dal teatro alla televisione fino a lavorare in numerosi spot pubblicitari. Ho lavorato al fianco di nomi importanti. Gabriele Muccino, Claudio Bisio, Margherita Buy, Massimo Ghini, Alessandro Haber… tanto per citarne qualcuno. Ma devo dire che le soddisfazioni più belle me le sono tolte con il mio lavoro da regista. Ho diretto varie campagne pubblicitarie e con i miei cortometraggi ho ottenuto dei buonissimi riscontri. Oltre ad avere vinto vari premi, che fanno sempre piacere, proprio da poche settimane ho firmato un contratto di due anni con Rai Cinema che distribuirà due cortometraggi prodotti dal mio laboratorio e diretti da me.
Il tuo primo esordio, cosa ricordi?
Ricordo che ero al Teatro Euclide a Roma e facevo un monologo di Eric Bogossian. Interpretavo la parte di un dottore che ad un certo punto sentiva di avere tutte le malattie. Avevo i riflettori addosso e morivo di paura. Vedevo tutte queste testoline in controluce. La salivazione era azzerata e ripetevo le parole meccanicamente senza sentirne minimamente il senso. Terribile sensazione ma è bellissimo portarla a termine. Ero e sono estremamente emotivo. La cosa importante per un attore agli inizi e’ passare attraverso la paura senza farsene paralizzare.
L’importanza della formazione artistica.
Bisogna studiare con le persone giuste, coloro che ci daranno la possibilità di capire gli elementi basilari della recitazione, che poi sai non sono molti. Il problema è quando si capita in mani sbagliate. Si finisce per stimolare attitudini non corrette che ci portano fuori strada.
Poi è importante capire che non bisogna aspettare molto prima di proporsi. Quello diventa un altro percorso formativo fondamentale. Ci sono attori che per paura di affrontare il difficile mercato si trincerano dietro la formazione e così facendo non si mettono mai nella condizione di farlo diventare un vero e proprio lavoro. La paura la fa spesso da padrona. Per fare questo mestiere ci vuole coraggio, passione e tanta dedizione.
Laboratorio: parlaci un po di questo tuo progetto.
Il laboratorio di recitazione cinematografica ormai è una realtà che sostengo da sei anni. Ci tengo a precisare che è gestito in totale autonomia senza l’ausilio di nessun finanziamento. Come già detto mi occupo della formazione dell’attore esclusivamente in ottica cinematografica. Aiuto i ragazzi, oltre che a studiare il linguaggio con la macchina da presa, a muovere i primi passi nel mondo del lavoro. Faccio una sorta di propedeutica che l’aspirante attore deve necessariamente acquisire per inserirsi con meno difficoltà. Da come scrivere un curriculum a l’importanza di avere un book fotografico professionale. Poi come cercare l’agenzia giusta, avvicinarsi ai casting, preparare uno show reel. Il corso comincia a ottobre e si conclude a giugno con la produzione di un cortometraggio in cui gli attori hanno la possibilità di mettere in pratica le tecniche studiate durante l’anno. Trovo utile formare un cast con attori già professionisti per amalgamarli con i miei ragazzi. L’esperimento ha portato ottimi risultati, per esempio la collaborazione con Rai Cinema è nata proprio in seguito a questo tipo di produzioni.
Mimi’ e le altre: qualche aneddoto a riguardo e cosa ha voluto significare per te.
Girammo questo corto nell’estate del 2013 in un sottoscala caldissimo. Per non avere problemi con il suono non aprimmo le piccole finestrelle da cui poteva entrare un po’ d’aria. Non si respirava. Girammo due giorni senza sosta per raccontare la storia di un uomo attanagliato dalla gelosia che credendo di essere tradito dalla sua donna sequestra un gruppo di alcolisti anonimi. Mi sono divertito a dare una chiave ironica ad alcuni aspetti della gelosia che a volte, benché drammatici per chi li vive, si trasformano in qualcosa di estremamente comico per chi li osserva dall’esterno.
Come vedi il tuo futuro?
Sicuramente continuando ad insegnare e ad aiutare i ragazzi che si avvicinano al mestiere dell’attore. Non credo che smetterò mai di fare questo. E’ una cosa che mi stimola sempre di più e che credo di poter ancora migliorare. Stare vicino a chi ha dei sogni e aiutarlo a sostenerli è un qualcosa che mi fa stare bene. Poi per quanto riguarda la mia professione di regista vorrei continuare a realizzare cortometraggi e magari un giorno riuscire anche a dirigere un lungometraggio.
Progetti futuri?
Un progetto imminente è un cortometraggio che verrà realizzato con un finanziamento del Nuovo Imaie con un ottimo cast di attori e la produzione esecutiva della Movie Factory di Francesco Montini, un giovane e valido produttore che si è interessato al nostro progetto. L’ho scritto con Valerio Martinoli (anche montatore di molti miei cortometraggi) e s’intitola « Tundra, pensaci tu ». Il film affronta il tema del “rifiuto” come problematica sociale dei nostri tempi. A Febbraio cominceremo le riprese.
Manda un saluto ai nostri lettori.
Un caro saluto a tutti i lettori di voce e spettacolo con l’invito di sostenere sempre il buon cinema.
 

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