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VENEZIA75: Il commento di Armando Lostaglio

di Armando Lostaglio.
Il Lido offre sempre una visione di se confortante  e sconcertante, in particolare per quanti chiedono all’arte, ed al Cinema in particolare, lo sguardo sul mondo, sulle sue inquietudini, su quanto si muove attorno all’uomo contemporaneo. Tanti i film che finora hanno offerto la propria visione, e autori che scavano a fondo nelle proprie infinite peculliarità. Il film in concorso ROMA di Alfonso Cuaron ci conduce con un bianco e nero elegantissimo negli anni 70 messicani, in una famiglia borghese (probabilmente autobiografico) nei tumultuosi anni della megalopoli CIttà del Messico, fra tumulti sociali e familiari. L’opera di Cuaron scorre con una leggerezza ed una immensa capacità di raccontare il quotidiano senza addentrarsi in concetture familistiche o di parte: accarezza con tenerezza la cameriera, il parto di una bambina nata morta (in un lungo piano sequenza), e i rapporti di una nuova famiglia scaturita in maniera pressocchè spontanea. In quegli anni si acoltavano nelle autoradio anche successi italiani cantati in lingua spagnola “Il cuorte è uno zingaro (Nicola di Bari) e “Quando mi innammoro” di Anna Identici.
I Fratelli Cohen, con THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS, ci raccontano in sei capitoli delle pagine del vecchio West, in un crescendo che va dalla commedia musicale ai classici dei pistoleri, a loro modo reinventando e sublimando: usano linguaggi persino metateatrali e omaggiano il cinema di Sergio Leone; nell’ episodio interpretato da Liam Neeson e  Harry Melling i due fratelli si superano in tenerezza e elevatezza, pur narrando di tragedia: bastano poche sequenze negli occhi del protagonista (Melling che non ha né braccia né gambe) per approdare a fondo in una drammaticità che sa parlare senza parole. Un capolavoro assoluto dei due fra i più grandi cineasti del mondo: avremmo chiesto loro in conferenza stampa : Il teatro, il cinema saranno scavalcati da tecnologie sempre più avanzate? La metafora del gallo che sa contare e che spinfge verso la fine lo sfortunato attore ce ne offre lo spunto.
Infine, sempre in concorso, il francese  DOUBLES VIES di Olivier Assayas, ci lascia immaginare il futuro della letteratura senza più libri: un film coraggioso e per certi aspetti fin troppo “francese” nei dialoghi (coltissimi) e nelle doppie vite interscambiabili ed ad incastro; brilla la sempre magnifica Juliette Binoche, vista per la prima volta a Venezia nel FILM BLUE di Kieslovski negli anni novanta, Leone d’oro in quel 1993.
Armando Lostaglio

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