Intervista ad Alessandro Pesci

Intervista ad Alessandro Pesci

 
di Gianfranco De Cataldo.
 
Ciao Alessandro! La prima domanda. Un tuffo nel passato. Da bambino dicevi… “da grande farò…
Il cine-giornalista documentarista.
Il cinema di qualità ha bisogno di un pubblico di qualità?
Credo che il buon Cinema sia apprezzato da tutti gli spettatori.
Come nasce il desiderio di fare il direttore di fotografia?
Mi piaceva fotografare, stampare in camera oscura, giocare con la luce e andare al cinema.
Il lavoro del DOP nel mondo del cinema oggi.
Un lavoro fatto di sguardo, buon gusto, velocità e aderenza alla storia senza cedere alla poetica semplice della tecnologia.
Cosa è una poetica semplice?
Qualcosa che nasce dal confondere la necessità di trasfigurare le immagini con la facilità del poterle riprodurre fedelmente anche attraverso una piccola cinepresa. Questa tendenza dei DOP ad incentrasi su questa formidabile risorsa tecnologica garantisce una generica buona qualità alle immagini penalizzandone l’originalità. Serve uno sguardo evoluto e di buon gusto perchè il vedere, di per se, non è una trasfigurazione.
Differenze tra digitale ed analogico nel tuo ambito.
La pellicola resta una matrice di straordinaria qualità. Differenze, possiamo trovarle nella velocità, leggerezza, sensibilità dei mezzi di ripresa e nella post produzione. La fase della correzione colore poi offre un nuovo spazio creativo con la figura del colorist. Direi che comunque la digitalizzazione semplifica e rende accessibile a tutti la catena della realizzazione di un film.
Due parole su film da te realizzati?
Ho collaborato con Peter Del Monte, Carlo Mazzacurati, Paolo Virzì, Nanni Moretti, Antonello Grimaldi, Valerio Jalongo, Wilma Labate, Massimiliano Bruno, Edoardo Leo e molti altri. Un’esperienza lavorativa ed umana che mi ha formato e migliorato. Considero “Baci e Abbracci” di Paolo Virzì il mio primo punto di svolta professionale.
Un film sul quale avresti voluto lavorare?
Mi sarebbe piaciuto saper progettare un film come “Tucker” di Francis Ford Coppola. Il lavoro di Vittorio Storaro si incrocia con le atmosfere americane di Norman Rockwell, un illustratore che faceva della seduzione visiva il centro del suo lavoro e che è uno dei miei riferimenti.
Se la tua vita fosse un film, quale sarebbe? E perché?
“Il Mago di Oz”: perché nel film la realtà è migliore del sogno che è spesso una fregatura.
La cosa più facile e quella più difficile durante le riprese…
Visualizzare la sceneggiatura, mentre la si legge, è un fatto abbastanza intuitivo. Meno facile è cambiare la propria visualizzazione quando il regista vuole qualcos’altro. Del set in genere fatico a sopportare il repartismo italico, troppo lontano dal concetto di squadra che cerca, in uno sforzo comune, il risultato.
Il tuo parere sulle Fiction.
Con “Fiction” si fa riferimento ad un genere televisivo, imparentato con il “Cinema” che la produzione televisiva italiana lascia troppo spesso assomigliare più ad un fotoromanzo in movimento che a un film nel senso più semplice e sano del Cinema. Al concetto di “Fiction” preferisco quello di “serie tv” che lavori sul tema del “genere” cinematografico nonostante i “generi” non siano tutti accessibili dalla nostra industria. Dobbiamo metterci più testa e cuore per accelerare questo passaggio culturale da “Fiction” a “Serie TV”.
I tuoi progetti di oggi e le novità in arrivo
Due film, uno di Edoardo Leo, ”Che vuoi che sia” da poco uscito in sala e “Beata ignoranza” di Massimiliano Bruno in sala dal 23 febbraio 2017. Dal 17 febbraio 2017 invece una serie tv per Raidue “La Porta Rossa” di Carmine Elia.
Un tuo motto o una frase che più ti rappresenta?
Il gusto è soggettivo, il buon gusto è matematico.
Manda un saluto ai nostri lettori.
Diventate spettatori professionisti, esigete un buon cinema e divertitevi!
(Foto in copertina: Maria Marin)
 
www.alessandropesci.com

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