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Intervista con Giorgio Albertazzi

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Teatro Duni di Matera al completo e pioggia di applausi per il “Mercante di Venezia”, il grande classico di William Shakespeare, diretto dal regista Giancarlo Marinelli che giovedì 16 gennaio 2015 ha visto la straordinaria interpretazione dell’eterno Giorgio Albertazzi.
Una storia in bilico tra commedia e tragedia, odio e amore, che vede il nobile veneziano Bassanio, impersonato dall’affascinante Francesco Maccarinelli, chiedere all’amico Antonio, l’attore televisivo Franco Castellano, tremila ducati per corteggiare decorosamente la benestante Porzia, Stefania Masala. A sua volta Antonio li chiede in prestito al cinico usuraio ebreo Shylock, magistralmente interpretato da Giorgio Albertazzi, che tuttavia impone come penale, in caso non venga resa la somma, il diritto di asportare una libbra di carne dal corpo di Antonio. Il Mercante accetta la clausola pretesa dall’ebreo, sicuro delle tre navi in viaggio che riporteranno a Venezia ricchezze nove volte più grandi; Bassanio, dunque, otterrà la mano di Porzia ma Antonio, a causa del naufragio delle navi, non riuscirà a onorare il suo debito. Sarà l’astuta Porzia, travestita da avvocato, a cercare di dissuadere Shylock dal reclamare il suo patto di carne umana e salvare così il cristiano Antonio.
Alla fine dello spettacolo il pubblico si alza in piedi coinvolto emotivamente per un doveroso tributo al Maestro Giorgio Albertazzi al quale il teatro italiano deve tanto. Va anche aggiunto che Albertazzi è sempre e comunque uno Shylock di altissima caratura: qualsiasi cosa dica o faccia in scena il Maestro, è teatro allo stato puro. Anche quando trasmette al pubblico il sentimento che si agita nel cuore del personaggio, magari al di là delle parole. Ecco lui sì, un grande attore, tra lo spirito del testo e il sentire del pubblico, uno che parla non solo con la voce, ma con la sua semplice presenza in scena. Un dono che solo i grandi posseggono.
Chi d’altronde oserebbe negare che William Shakespeare sia per il teatro una fonte imperitura, un cantore della vita in palcoscenico, contro il tempo, oltre il tempo e ancora in ogni tempo possibile? Che tra adattamenti, riletture, stravolgimenti, e messinscene fedeli il Bardo rimanga un punto cardinale in grado, a tutt’oggi, di orientare come pochi altri la narrazione dell’uomo su e di sé stesso? E poi chi potrebbe affermare che Giorgio Albertazzi non sia stato negli ultimi sessantacinque anni uno degli interpreti più conosciuti, riconosciuti e attivi del teatro italiano? Forse sono queste le motivazioni principali per cui il Teatro Duni di Matera ha osannato il più grande artista italiano.
 
Il Maestro Giorgio Albertazzi ha incontrato i giornalisti. Di seguito le dichiarazioni rilasciate che vi invitiamo a leggere.
 
“Arrivare qui significa arrivare in una nobile città. Torno a Matera per la terza volta con Il Mercante di Venezia. Nella casistica shakespeariana credo che questa meravigliosa opera teatrale sia rappresentata più di Giulietta e Romeo. Perché offre possibilità varie. In effetti questa versione l’ho tradotta e riadattata con un finale che non esiste. Vi anticipo che in questa compagnia c’è qualche giovane talentuoso. Dopo le 22 repliche di Roma ci saranno repliche in altre città italiane. Poi dovrei fermarmi per portare avanti altri progetti interessanti”.
Maestro, come si fa a trasformare il testo in parole tue, come se tu fossi l’autore?
Se prendiamo l’opuscolo del Consorzio Teatri Uniti di Basilicata potete leggere che sono un performer, tra l’altro è stato già il Cordelli a definirmi così. Ad un certo punto è citato l’Enrico IV. Ecco, si può parlare del rapporto tra la lettura e la scena. C’è ancora la vecchia idea secondo cui il teatro possa essere la lettura del testo. Il teatro non è il testo. Il testo è qualcosa che fa parte del teatro. La verità è la scrittura scenica che cambia di volta in volta. Ecco perché Shakespeare è grande, perché i suoi testi sono pieni di buchi sotto il profilo letterario. Ha ragione Eliot quando dice che l’Amleto è un successo e, al contempo, un insuccesso totale. Il successo di Amleto come personaggio rappresenta l’insuccesso dell’autore. Amleto è animato da sentimenti e spinte emotive che non trovano riscontro sulla pagina. Quindi esso rappresenta la Monnalisa della letteratura. Sì pensi, poi, che ci sono scene noiosissime, come la preparazione del duello finale che dura addirittura sei pagine. Una noia mortale. Nella realtà, nella rappresentazione scenica però l’opera è stupenda proprio per questi buchi, per queste voragini. Il teatro è l’attore che lo fa. Per questo è straordinario. L’attore non deve raccontare una storia, deve essere lui stesso la storia. Una volta Cechov è andato a vedere a teatro la Duse. Sapete cosa ha asserito in quella circostanza? Ha detto: “Per due ore e mezza avevo avuto la certezza che questa signora dicesse parole sue”. Qui è l’arte. L’artista.
Chi è l’artista?
L’artista è un indemoniato, laico, spesso ossessionato. Comunque sempre più vicino al clown, alla leggerezza e non alla pesantezza intellettuale.
La cultura italiana, oggi.
Per avere un’idea delle aspettative sapete cosa dovete leggere? Vi consiglio di leggere Calvino. Aveva intuito delle cose straordinarie. Avete letto di quel branco di balene che si sono arenate sulle spiagge dell’oceano indiano? I sensori dei radar marini hanno danneggiato questi poveri animali. Essi hanno perso l’orientamento. Ecco, noi in Italia abbiamo perso l’orientamento. In qualche modo in favore della scienza. Una scienza senza etica che si muove contro l’uomo, come ha scritto Lucrezio. Forse non c’è nemmeno una ragione. Probabilmente hanno ragione i greci: c’è solo il caso. C’è una crisi culturale probabilmente generata e causata dai continui conflitti religiosi. Non c’è più tolleranza. In questi giorni si stanno ascoltando notizie atroci. Ognuno dovrebbe avere la sua religione. Non ci dovrebbe essere una religione di Stato.
I suoi autori preferiti?
Dante e Shakespeare. Inarrivabili.
C’è un autore italiano che avrebbe voluto recitare e portare in scena?
Mi sarebbe piaciuto portare in scena Goldoni, tuttavia non l’ho mai potuto fare perché non conosco il veneziano. Goldoni è stato un grande autore. Un vero innovatore.
Maestro, lei ha ancora sogni nel cassetto?
Assolutamente no. Solo tanti progetti. Dopo Il Mercante di Venezia e l’esperienza televisiva, dovrei preparare un evento di cui non posso anticipare nulla. Sarà una bella sorpresa per tutti voi.
 
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