di Gianfranco De Cataldo.
Ciao Silvano! La prima domanda. Un tuffo nel passato. Da bambino dicevi da grande farò ?
il dottore, come mio zio! Però la mia prima recita l’ho fatta all’asilo… In effetti, per quanto ricordo
e per quello che mi raccontano, ero un bimbo abbastanza esibizionista…
Secondo te come è possibile scrivere ancora cinema di qualità?
Mah… il cinema non è la mia materia, perché io faccio essenzialmente teatro. In generale posso dire
che la fase di scrittura, facendo parte dell’atto creativo, dovrebbe seguire le regole e i canoni propri
del genere in questione e, naturalmente, deve essere prodotta da persone di talento, mantenendo sempre un’onestà intellettuale nei confronti del pubblico.
Il lavoro del regista oggi.
Il regista teatrale oggi è un mestiere conosciuto solo dagli addetti ai lavori perché è una figura molto tecnica. Purtroppo ha un ruolo poco gratificante perché, si sa, che se il lavoro funziona è merito degli attori; se non funziona è colpa del regista! Ma, al di là di tutto è sempre affascinante immaginare uno spettacolo nella mente e poi vederlo realizzato: è questa la soddisfazione del regista.
Come nascono le tue idee?
Dalla realtà. Sempre. La mia ispirazione nasce sempre dalla realtà, da qualcosa che mi incuriosisce o mi colpisce, che però penso possa poi interessare ad un pubblico.
Per quale tuo lavoro nutri maggiormente affezione? Quale invece ti ha dato filo da torcere?
È come chiedere ad un padre che figlio preferisca… Probabilmente “La casa chiusa” è quello che mi ha dato più soddisfazioni, con decine e decine di repliche e premi; però quello che mi rende più orgoglioso è “Fame di libertà” perché mi ha portato persino in Francia a rappresentare l’Italia in un festival internazionale. Il lavoro, invece, che mi ha dato più amarezze è “L’isola dei bavosi” perché, secondo me, è un lavoro che non è stato ben compreso o ha creato false aspettative per colpa del titolo ammiccante.
Raccontaci qualche aneddoto o retroscena dei tuoi lavori e delle tue esperienze passate.
Potrebbero essere centinaia! Ve ne racconto uno: prima di una replica a Paestum avevamo a disposizione una spiaggia bellissima e abbiamo deciso di provare in mare, sotto lo sguardo shockato degli organizzatori! Dalla loro espressione capivamo che c’era poca fiducia in noi, dopo quel comportamento così poco professionale… Prima di andare in scena, decisi anche di aggiungere un personaggio e di cambiare il finale della commedia, senza averlo mai mai provato!… Poteva sembrare un azzardo, in un concorso nazionale, ma alla fine non solo il pubblico apprezzò tantissimo, ma vincemmo anche il primo premio come miglior spettacolo!
Il futuro teatrale in Italia.
Finché ci sarà pubblico, ci sarà teatro. I soldi che girano sono sempre meno, perciò le produzioni si adeguano e si modificano pur di riuscire a vendere. Il teatrante lo fa per passione, non per i soldi… Perciò il Teatro non avrà mai fine.
La Banda degli Onesti : raccontaci questo tuo Progetto.
Nasce con altri due compagni e poi si è allargato nel corso degli anni ad altri interpreti. Fondamentalmente è un progetto di teatro brillante contemporaneo messo in scena in lingua italiana con inflessione e intercalari dialettali, per realizzare il “Teatro del Vero” che sia quanto meno falso possibile e porti in scena la simulazione della realtà.
Cosa consigli agli aspiranti registi?
Di studiare molto e di iniziare facendo piccoli passi, per poter capire se si possiede o meno quella sensibilità idonea a fare il regista, non perdendo mai di vista quello che i miei maestri mi hanno insegnato: l’umiltà. Questo non vuol dire essere deboli o indecisi agli occhi degli attori: il regista deve essere un dittatore, altrimenti lo spettacolo non funziona…
Progetti futuri?
Portare in tournée il nostro ultimo lavoro e mettere in scena il prossimo, oltre che organizzare la prossima edizione del festival “Bombetta d’Oro”, giunto alla quattordicesima edizione.
Manda un saluto ai nostri lettori.
Un abbraccio a tutti e… mi raccomando: spegnete la tv e andate a teatro, la vostra anima vi ringrazierà!
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