“Ringrazio l’attore Pietro De Silva per avermi concesso questa esclusiva intervista per la mia Rubrica.
Pietro De Silva comincia la carriera artistica, casualmente, a teatro per poi affermarsi dal 1978 in compagnie stabili come quella di Gigi Proietti. Approda poi al cinema all’inizio degli anni ’80 ne Il minestrone di Sergio Citti, protagonista Roberto Benigni. Proprio Benigni lo chiamerà quindici anni più tardi ad interpretare ne La vita è bella, pluripremiato e vincitore di tre premi Oscar nel 1999, la parte di un detenuto in un campo di sterminio nazista. Per il grande schermo viene chiamato in seguito dai Fratelli Taviani, Marco Bellocchio, Sergio Castellitto e Massimiliano Bruno. È noto al grande pubblico per la sua partecipazione a numerose serie televisive, soprattutto Il Capo dei capi dove interpreta Boris Giuliano.
Invito i lettori di Voce Spettacolo alla riflessione su alcuni concetti espressi dal m° De Silva che con la sua encomiabile e talentuosa storia cinematografica, televisiva e teatrale ha molto da trasmettere, specie ai giovani. Nel 2016 ha ricevuto il “Vince Award”. Ha rivelato che è particolarmente affezionato al film La Vita è Bella. Qui ci sembra giusto ricordare che ogni anno durante la Giornata della Memoria il film che ha decretato il successo di Benigni e la notorietà di De Silva viene ritrasmesso. Ai lettori sveliamo, con l’occasione, la curiosa coniazione del titolo del film che vuole indicare l’imperturbabile volontà del protagonista di ricercare la felicità, anche nelle situazioni estremamente drammatiche; Fu il casuale ritrovamento delle due frasi: «La vita è bella. Possano le generazioni future liberarla da ogni male, oppressione e violenza e goderla in tutto il suo splendore» nel testamento di Lev Trockij>>, e «Io pensavo che la vita fuori era bella, e sarebbe ancora stata bella, e sarebbe stato veramente un peccato lasciarsi sommergere adesso»di Primo Levi nell’opera Se questo è un uomo, a decretare quello come titolo definitivo. E così, specie in questi tempi duri, pieni di interrogativi, ancora una volta un incentivo a godere della vita, sempre… che è poi il senso della domanda che sul finale dell’intervista scoprirete…
E’ un piacere intervistarla Pietro, come procede il suo vissuto artistico cine/TV?
Procede come per tutti gli attori. A fasi altalenanti perché ci sono periodi lavorativamente intensissimi e altri che vanno più a rilento. Ma io sono dell’idea che si può vivere di rendita con le prestazioni attoriali più riuscite in opere di livello per cui non bisogna affannarsi a cercare la visibilità a tutti i costi.
Potrebbe dirci chi è Pietro De Silva… oggi? Ovvero dagli esordi cos’è cambiato a distanza di tempo?
Resto sempre più sbalordito da come si possa migliorare in maniera esponenziale; non c’è mai un punto d’arrivo del nostro mestiere. Credo che la perfezione assoluta non si possa mai raggiungere, però ci vuole molto ma molto tempo per arrivare a un livello di perfettibilità e come diceva Eduardo con “gli esami non finiscono mai” se si vuole sopravvivere in questo mondo infernale dello show business, bisogna capire che non c’è mai un punto di arrivo definitivo; soprattutto non bisogna amarsi spasmodicamente ma bisogna essere sempre molto generosi verso il pubblico.
Ha una schiera di affezzionatissimi fan….le persone secondo lei cosa apprezzano maggiormente di De Silva attore sia di cinema sia di teatro
Io spero ardentemente che il pubblico apprezzi non tanto le mie capacità attoriali, ma la mia capacità di trascinarli nella storia, ovvero di convincerli che quello che interpreto non è fittizio ma è reale.
Progetti…Cosa puo’ dirci a riguardo?
Progetti nell’immediato sono relativi a quattro sceneggiature di cortometraggi come interprete. Invece in uscita sugli schermi c’è un film di Marco Bocci dal titolo “La Caccia”; poi “Golia” per la regia di Roberto Marra; “Generazione neet” con la regia di Andrea Biglione
Vuole raccontare qualche aneddoto per esempio sui primi incontri con registi, produttori, colleghi avvenuti in passato….
Io ricordo incontri con persone di una supponenza veramente insopportabile, sia teatralmente che cinematograficamente; persone che poi puntualmente sono scomparse sia in campo cinematografico sia in campo teatrale. Con questo voglio dire che l’arroganza e la prevalenza dell’ego giocano a sfavore di chi fa questo mestiere e ne pagano le conseguenze.
C’è qualcosa nel suo vissuto ad oggi che non e’ ancora riuscito a realizzare ma a cui tiene fortemente?
Sì, di esperienze che avrei voluto fare dal punto di vista interpretativo ce ne sono decine. Ho avuto la fortuna di lavorare con i più grandi nomi del cinema come Bellocchio, Fellini, Castellitto, Dino Risi, e molti altri; sicuramente c’è tanto da dover ancora fare però il tempo è tiranno e non basterebbero due vite per realizzare i propri desideri.
Quanto pensa sia cambiato il mestiere dell’attore con l’avvento della tecnologia?
Si parla tanto di attori virtuali che potrebbero sostituire gli attori reali e si arriva a un punto di verosimiglianza davvero incredibile dal punto di vista digitale. Ma l’anima di un’interpretazione umana è vera; è superiore a qualsiasi progresso tecnologico anche straordinario.
Se tornasse indietro, artisticamente, cosa non rifarebbe e cosa invece farebbe senza esitare?
Non rifarei alcune esperienze assolutamente terrificanti e di bassa rilevanza artistica come ad esempio un orribile varietà che feci nell’82 su Rai 2 con la regia di Enzo Trapani. Veramente qualcosa di sconcertante; si intitolava “Due di tutto” ed era una carrellata di sketch di una banalità veramente atroce. Ci sono stati comunque altre esperienze piuttosto sconcertanti come un Pirandello registicamente orribile che portai in scena prima della pandemia o ancora il famoso La strana coppia nel lontano 1996 con due comici terrificanti che non facevano ridere nessuno e una regia pessima di cui preferisco non citare il nome perché non merita veramente di essere citato.
Ha lavorato con molti grandi registi: Corbucci, Fellini, Citti, Nichetti, Benigni, Quartullo, Manzor, Castellitto, Rossi Stuart; alcuni li ha già ricordati prima Ci racconta…
Beh qui ci vorrebbe una risposta enciclopedica; so solo dire che i nomi citati sono assolutamente straordinari e sono state delle esperienze che mi hanno formato in maniera incredibile e che non solo rifarei ma vorrei reincontrarli per abbracciarli per avermi dato l’opportunità di aver lavorato con loro e per questo di essere anche migliorato professionalmente.
Il film La vita è bella è, per ovvi motivi, riproposto spesso in occasione della Giornata della Memoria; cosa le ha lasciato questo film e cosa pensa del Negazionismo?
La vita è bella mi ha reso un uomo felice sia perché è un film che è rimasto nel cuore di milioni di persone in Italia e nel resto del mondo ma soprattutto perché è un film che da spettatore riesco a rivedere 100 o 200 volte emozionandomi come se fosse la prima. Mi ritengo privilegiato per aver potuto essere presente in questo capolavoro del cinema italiano. Per quanto riguarda il negazionismo penso che l’imbecillità umana ahimè non ha fine. Il negazionismo si è riproposto non solo con l’Olocausto, ed è stata una delle più grandi vergogne che siano mai esistite da quando esiste l’essere umano; ma anche in piena pandemia quando molti no vax si sono sperticati in idiozie e complottismi per due anni consecutivi; se non fossero esistiti tanti dei no vax saremmo usciti dalla pandemia molto più in anticipo.
Il teatro in Italia quanto è considerato veramente?
Il teatro in Italia non è considerato quanto meriterebbe, però il vero problema del teatro è che su 100 titoli, ottanta sono irrilevanti o veramente sconcertanti dal punto di vista dell’allestimento della sceneggiatura e delle interpretazioni per cui la gente si disaffeziona al teatro. La pandemia è stato un gravissimo danno per il teatro. Grazie a Dio adesso sta riprendendo un po’ meglio; invece il cinema ahimè stenta ancora a decollare come una volta.
Il lavoro degli artisti oggi quanto è importante per la società civile? Specie post pandemia.
C’è da dire che il lavoro dell’artista non è importante, è fondamentale sempre e comunque, perché aiuta gli altri esseri umani ad uscire dalla routine e dalla quotidianità e dall’appiattimento della vita di tutti i giorni; è nutrimento per l’anima e per la mente. In periodo di post pandemia possiamo assistere a una sorta di Rinascimento! Speriamo che sia duraturo; certo le guerre incombenti mettono a repentaglio anche le speranze e le aspettative degli esseri umani.
L’amore, l’amicizia quale posto nella vita di De Silva uomo?
L’Amore e l’Amicizia è inutile dirlo sono le colonne portanti per la sopravvivenza di chiunque. Però non si può non constatare che spesso si va incontro alle disillusioni più cocenti, per cui la fiducia di riuscire a riconnettersi col mondo circostante è inevitabile. Bisogna avere pertanto molta forza a non cedere e andare avanti comunque, anche se le certezze e la fiducia verso gli altri molto spesso vengono meno.
Fra i riconoscimenti e premi ricordiamo il “Vince Award” 2022. Vuole dire qualcosa in merito?
Provo che la manifestazione intitolata al grande Vincenzo Crocitti sia un appuntamento meraviglioso schietto e estremamente sincero dedicato a tutte quelle categorie del mondo dello spettacolo che meritano di essere riconosciute per il talento e per la dedizione e tutto il merito va a Francesco Fiumarella e a suo padre Antonio creatori e sostenitori di questa meravigliosa creatura…
Quali valori sono importanti per Pietro De Silva e che prova a trasmettere?
Il valore fondamentale e ineludibile è la coerenza; dote rarissima. Solo attraverso la coerenza si resta nella storia.
Il cinema italiano, la TV, il teatro… Quali differenze con le produzioni estere europee ed americane, dal suo punto di vista…
Senza fare gli esterofili a tutti i costi… ma è evidente il divario imponente che esiste con la cinematografia Europea, quella statunitense e quella di tutti i paesi dell’est. Noi siamo ancora al Medioevo; abbiamo una grandissima tradizione di cinema straordinario, a cominciare dal Neorealismo che ci hanno invidiato e ci invidiano in tutto il mondo e adesso siamo tornati indietro di 200 anni, tranne rari casi sporadici con registi straordinari come Sorrentino, Virzì, Garrone e pochi altri; ma c’è ancora molta strada da percorrere per riuscire ad arrivare, sia produttivamente che artisticamente, alla grande cinematografia Oltralpe e Oltreoceano..
Qualche “Anticipazione” artistica?
Non ci sono anticipazioni specifiche; per quanto mi riguarda ci sono solo auspici che spero si avverino al più presto, ovvero che il cinema italiano torni a primeggiare nel mondo come negli anni sessanta o negli anni cinquanta. Abbiamo capacità e talenti a profusione. Bisogna solo che i produttori abbiano più coraggio e la smettano di riciclare le stesse storie insulse sui grandi schermi.
Pietro De Silva, quale è la domanda che nessuno le ha mai fatto e che avrebbe voluto le fosse rivolta?
La domanda che vorrei che mi facessero e che nessuno mi ha fatto è la seguente, ed è relativa non al mio mestiere, ma al senso della vita ovvero: <<lei, signor De Silva, è proprio sicuro che ne valga la pena?>>
La risposta di Pietro: << forse no, ma devo per forza crederci… che ne valga la pena, altrimenti potremmo fermarci qui tutti e per sempre… il che non credo che sia molto confortante per noi, per i nostri figli, e per tutta l’umanità>>.
Grazie Pietro per questa bella chiacchierata … e si, ha proprio ragione… ne vale sempre la pena…La vita è Bella…
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