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ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI di Giorgio Strehler _ dal 15 al 20 maggio al Teatro Argentina

Dal 15 al 20 maggio al Teatro Argentina
è di scena Goldoni con Arlecchino servitore di due padroni,
a vent’anni dalla scomparsa di Giorgio Strehler, un inarrestabile fiume in piena
con le maschere della commedia dell’arte che continuano a incantare i palcoscenici del mondo
ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI
di Carlo Goldoni
regia Giorgio Strehler
messa in scena Ferruccio Soleri con la collaborazione di Stefano de Luca
con Enrico Bonavera
e con (in ordine alfabetico) Giorgio Bongiovanni, Francesco Cordella, Alessandra Gigli, Stefano Guizzi,
Pia Lanciotti, Sergio Leone, Lucia Marinsalta, Fabrizio Martorelli, Tommaso Minniti, Stefano Onofri, Annamaria Rossano
e i suonatori Gianni Bobbio, Francesco Mazzoleni, Matteo Fagiani, Celio Regoli, Elisabetta Pasquinelli
scene Ezio Frigerio – costumi Franca Squarciapino – luci Gerardo Modica – musiche Fiorenzo Carpi
movimenti mimici Marise Flach – scenografa collab. Leila Fteita – maschere Amleto e Donato Sartori
Produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa
 
Dal 15 al 20 maggio ritorna sul palcoscenico del Teatro Argentina, in occasione dei settant’anni del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa (1947), il celebre ARLECCHINO SERVITORE DI DUE PADRONI, con il quale il grande maestro della regia italiana, Giorgio Strehler, ha reinventato la Commedia dell’Arte, a vent’anni dalla sua scomparsa nella notte di Natale del 1997. La storia di Arlecchino servitore di due padroni, diceva Giorgio Strehler, è “memoria vivente”. Come un inarrestabile fiume in piena, lo spettacolo fa nascere ogni sera la magia in palcoscenico. Perché “Arlecchino è sempre uguale e sempre diverso”, scriveva il maestro, ed è “libero dal tempo che passa”. Lo spettacolo si presenta nella versione curata dal suo interprete di sempre, Ferruccio Soleri, entra­to nel Guinness dei Primati per aver offerto la sua arte per una intera vita alla celebre maschera goldoniana, e qui con l’avvicendamento di Enrico Bonavera, che subentra, in un gioco di staffetta, al grande interprete che a sua volta ha ereditato la maschera di Arlecchino da Marcello Moretti (a partire dal 1959). Fra squilli di tromba e battere di grancassa, Arlecchino, con il suo vestito a pezze multicolori e la sua maschera da gatto, trascina con la sua inarrestabile carica di energia e di emozione, riproponendo i lazzi, i duelli e le risate, ma soprattutto la poesia, il “teatro puro” della drammaturgia goldoniana, nella versione registica ideata da Strehler nel 1947. A distanza di 70 anni l’opera non ha perso la sua energia e la sua originalità, soprattutto linguistica, risultando lo spettacolo più visto nel mondo. Una grande famiglia, un vero e proprio manifesto di un modo di fare teatro, in cui trovano posto anche interpreti più giovani in un ideale passaggio del testimone con i loro predecessori. Un esempio di commedia dell’arte sorprendentemente agile, incastonata in un palco metateatrale, intorno e dentro al quale agiscono i vari personaggi, le varie maschere, a comporre una allegra e colorata festa con segreti, giuramenti e scambi di persona.

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