di Armando Lostaglio.
Una settimana di Passione, poi la Resurrezione, la Pasqua. Per i credenti, e non soltanto. Molte sono le riflessioni che conducono verso questa Festività sacra e profonda.
Scriveva Dino Buzzati: “Laggiù all’orizzonte sulle acque amare, deserte, naviga certe sere Dio con una sua barchetta, invisibile passerà accanto a te che nuoti disperato e ti toccherà con la sua mano”.
Per i credenti potrebbe sembrare fin troppo “agevole” celebrare la Pasqua, andando in chiesa e scambiarsi i consueti “auguri”, per poi rientrare nel proprio mondo, ai lavori usati. Alle mestizie e ai conti quotidiani, e con la coscienza a posto.
I non credenti, quelli che salutano il giorno con il pragmatismo senza orpelli, anche loro combattono lotte parallele e comunque non meno difficili sul piano umano, senza avere un proprio Dio a riferimento. Per coloro che la vivono con intensità e fede, malgrado
tutto, la Pasqua è rinascita, è Resurrezione. Scriveva Leonardo Sinisgalli in una sua “Pasqua”
“… Ci è toccata questa valle, questa valle / abbiamo scelta per tornarci a morire.
Dove Gesù risorgerà con molta pena / noi speriamo ardentemente di sopravvivere
nel cuore dei congiunti e dei compagni, / nel ricordo dei vicini di casa e di campo.
Come fischiano le rondini / intorno alla chiesa di San Domenico
semibuia il giovedì delle tenebre!” Quanta umanità, quanta grazia che sa di dolore e di mestizia.
Sovviene una riflessione di un grande scrittore del Novecento, Giovanni Papini (1881-1956), di
recente riproposto da un editoriale del cardinale Gianfranco Ravasi, che ci ricorda, con slancio di modernità e lungimiranza, la condizione umana, la contemporaneità abbruttita troppo spesso di banalità. Lo intitolava “Lo svegliatore notturno”, sarà proprio lui che risorge nella notte di Pasqua. Scriveva Papini: “In un mondo dove tutti pensano soltanto a mangiare e a far quattrini, a divertirsi e a comandare, è necessario che vi sia ogni tanto uno che rinfreschi la visione delle cose, che faccia sentire lo straordinario nelle cose ordinarie, il mistero nella banalità, la bellezza nella spazzatura. È necessario uno svegliatore notturno che smantelli per dar posto alla luce.” Così
commenta il cardinale Ravasi, intellettuale oltre ogni misura: “Il grande scrittore argentino Jorge Luis Borges confessò il suo amore per Giovanni Papini «immeritatamente dimenticato».
Effettivamente, superando la scorza della sua enfasi veemente e del suo sdegno permanente, la voce di questo autore fiorentino meriterebbe di risuonare nei nostri giorni così grigi e annoiati, nei quali domina la tetrade da lui evocata: Mangiare, far quattrini, divertirsi, comandare.”
Giorni grigi ed annoiati – ci ricorda l’alto prelato – giorni di confusione, ovvero di “normalità eterna” (da una canzone di Fossati), di freddezza malgrado giunga la primavera che pure stenta a rinascerci dentro. Eppure i segnali sono tanti per obbligarci a restare svegli anche di notte: le paure di un mondo che brucia e che “trema”; ma la luce accecante di una resurrezione, valga sempre ad illuminare il cammino. Da credente è forse più “facile”, ma sarebbe facile anche per chi guarda al firmamento e gli sovviene quell’ansia di speranza suggeritagli da Dostoevskji nelle Notti bianche.
E’ tuttavia tempo di guardare al crocefisso, lo stesso che non pone nessuna discriminazione.
Tace. E’ l’insegna della rivoluzione. Rimuoverlo dalle coscienze lascia sulla parete “la propria sindone di orli grigiastri”.